È bastata una ‘non cotoletta alla milanese’ per far discutere ancora: ma Carlo Cracco con la sua Milano che avanza è pronto nuovamente a sfidare le leggi della cucina italiana.
Girarsi intorno è del tutto inutile, anzi, bisognerebbe prendere consapevolezza del fatto che ad oggi Milano non sia più una città per chiunque. Forse neppure per i milanesi stessi, o meglio quella buona fetta di popolazione che è stata a tutti gli effetti adottata come tale, pur avendo origini ben diverse dal classico ‘nordismo‘. Cara, sotto molti aspetti pericolosa, invivibile. Eppure Milano attira sempre, come una torta al cioccolato per nulla dietetica che davanti a chi debba perdere parecchi chili si comporta con un diavolo tentatore.
Città d’arte, di moda, di spettacolo e di film, così come di cucina. Ma c’è da chiederselo se Milano stessa sia forse più destinata a diventare un enorme set cinematografico ricco di gente quotidianamente che poi, alla sera, dopo una lunga giornata di lavoro spegne le luci e non c’è più alcuna vita reale. E in questo scenario si continua comunque a lavorare e Carlo Cracco non rimane fermo. Con la sua Milano che avanza ha deciso nettamente di sfidare le leggi culinarie e con questa ‘non cotoletta alla milanese‘, la discussione è già abbondantemente accesa.
La Milano che avanza di Carlo Cracco oltre a rappresentare quello che forse dovrebbe essere alla base di ogni mente culinaria come processo creativo, è anche una fase transitoria di trasformazione stessa della materia. La fibra cambia, il corpo trasmuta in qualcosa di unico, si parte comunque dalle materie prime e si arriva a quello che viene considerato un prodotto Unico con la u maiuscola. Eppure nonostante l’unicità la discussione per Cracco non è mai spenta, anzi al contrario è sempre sul chi va là, per accendere nuove critiche(seppur passionali possiamo ammetterlo).
Il concetto alla base del piatto, ovvero la Milano che avanza, è semplice: come posso succhiare letteralmente l’essenza della tradizionalità portandola poi in un nuovo prodotto sotto certi aspetti elitario e che sicuramente non tutti possono comprendere? Qui riprendiamo quel concetto cardine di trasformazione. In questo caso è Luca Macchi a guidarci in questo breve ma intenso viaggio gastronomico con ItaliaSquisita, facendoci scoprire qualcosa di ancora mai sfiorato in precedenza.
Per Cracco la cotoletta alla milanese rappresenta Milano stessa, è il fulcro della tradizione del Nord, e proprio questo succo viene rapito dalla carne che in realtà non è presente fisicamente all’interno del piatto, ma ne percepiamo appieno tutta la sua anima corposa e saporita. Il pane, quel prodotto che ci ricorda da dove veniamo, dall’energia che si sprigiona dall’impasto, dal rituale della ciotola, della farina e del lievito, è l’elemento protagonista, ma non un pane qualunque.
Il pane che menzionavamo poc’anzi è quello del ‘servizio precedente‘, come ci fanno sapere Cracco e Macchi: trovare un modo unico e originale(che certamente possa anche monetizzare l’avanzo) di sfruttarlo può sembrare semplice, ma qui non parliamo di cucina da trattoria, è chiaro sin da subito, no? Ecco quindi che la carne viene saltata a fuoco vivissimo con burro, salvia, aglio, profumi prettamente di terra e tutto questo viene letteralmente schiacciato in uno schiacciapatate, ricavandone l’anima più pura.
Attraverso quindi un brodo di carne arricchito dalla stessa anima del manzo scottato, si riduce il tutto in una sorta di sciroppo salato corposo, si va al fulcro, al cuore ultimo che in fondo poi interessa tutti noi. Il pane che viene impanato e fritto accoglie una bagna acetica che a sua volta garantirà quella stessa consistenza della cotoletta al taglio. L’anima della carne si insinua successivamente tra la crosta croccante della frittura e lentamente penetra all’interno, in una perfetta fusione di materia. Ed è questa la Milano che avanza in fondo. Poca o troppo poca sostanza non sta noi a dirlo.
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